Il cacciatore

Frulla un tratto l’idea nell’aria immota;
canta nel cielo. Il cacciator la vede,
l’ode; la segue: il cuor dentro gli nuota.

Se poi col dardo, come fil di sole
5 lucido e retto, bàttesela al piede,
oh il poeta! gioiva; ora si duole.

Deh! gola d’oro e occhi di berilli,
piccoletta del cielo alto sirena,
ecco, tu più non voli, più non brilli,
10 più non canti: e non basti alla mia cena.

1. Frulla: da frullo, il rumore che fanno gli uccelli nel levarsi a volo.
3. gli nuota: gli balza.
5. bàttesela al piede: abbatterla e farla cadere ai piedi.


Analisi

Autore: Giovanni Pascoli
Raccolta: Myricae
Sezione: Le pene del poeta
Numero: II
Data: 1887
Metrica: madrigale di endecasillabi

Parafrasi

Nell’aria immobile frulla a un tratto un’ispirazione; canta nel cielo. Il cacciatore la vede, la sente, dentro di lui il cuore gli balza. Se poi riusciva con un dardo, fatto come se fosse un filo teso (retto) e luminoso (lucido) di sole, ad abbatterla e farla cadere ai suoi piedi, il poeta gioiva, ma ora si duole. Deh! gola d’oro e occhi di berillo, piccola sirena dell’alto cielo, ecco, tu più non voli, più non brilli, più non canti e non basti alla mia cena.

Temi

Insoddisfazione del poeta
Relazione tra ispirazione e poesia

Analisi e commento

Il componimento è il secondo della sezione Le pene del poeta in Myricae. La poesia è composta da due terzine e una quartina in schema rimario ABA CBC DEDE ed è tutta costruita sul parallelismo sfumato tra l’ispirazione poetica e il canto dell’uccello. Già dal primo verso è evidente questa sovrapposizione con i termini frulla, che si riferisce ad un volatile, e idea, che indica proprio l’ispirazione. Molto interessante è anche il termine canta (vv 2, 10) che è stato scelto con cura: è il verbo della poesia da millenni, a partire dal celeberrimo verso virgiliano Arma virumque cano, e ora si sovrappone all’immagine del canto dell’uccello, rafforzando il parallelismo iniziale.

Nella seconda strofa appare il poeta nella veste di cacciatore che riesce ad abbattere la sua preda, riesce a cogliere l’ispirazione e metterla per iscritto. Alla gioia di aver creato un’opera d’arte e aver calmato il fermento interiore (il cuor dentro gli nuota), si associa subito un rammarico: è l’insoddisfazione dovuta all’incapacità di rappresentare in forma tangibile l’ispirazione poetica, le immagini iniziali e le aspirazioni finali per la sua opera (mia cena).

Pascoli, con questa poesia, cerca di presentare le gioie e le disgrazie dei poeti al lettore che non le conosce. L’ispirazione poetica è una pulsazione interiore, un incitamento dell’animo, è inebriante e inesorabile, è tanto forte quanto inaspettata; si tratta di una sensazione difficile da descrivere e incomprensibile per chi non la prova, ma l’autore prova ugualmente a presentarla nella sua unicità e nel suo incanto, delineando l’uccello dell’ispirazione come gola d’oro e con occhi di berilli.
Al sentimento della poesia si aggiunge quello dell’insoddisfazione per la propria opera: il poeta non riesce sempre a creare ciò che vuole. Accade spesso che molte poesie rimangano imperfette e incompiute, e nell’incapacità di proseguirne il perfezionamento o il completamento vengano abbandonate nell’oblio con un grande dolore per chi le ha partorite.

Hunter and mallards, Bruno Liljefors

La civetta

Stavano neri al lume della luna
gli erti cipressi, guglie di basalto,
quando tra l’ombre svolò rapida una
                                   ombra dall’alto:

5 orma sognata d’un volar di piume,
orma d’un soffio molle di velluto,
che passò l’ombre e scivolò nel lume
                                   pallido e muto:

ed i cipressi sul deserto lido
10 stavano come un nero colonnato,
rigidi, ognuno con tra i rami un nido
                                   addormentato.

E sopra tanta vita addormentata
dentro i cipressi, in mezzo alla brughiera
15 sonare, ecco, una stridula risata
                                   di fattucchiera:

una minaccia stridula seguita,
forse, da brevi pigolii sommessi,
dal palpitar di tutta quella vita
20                     dentro i cipressi.

Morte, che passi per il ciel profondo,
passi con ali molli come fiato,
con gli occhi aperti sopra il triste mondo
                                   addormentato;

25 Morte, lo squillo acuto del tuo riso
unico muove l’ombra che ci occulta
silenziosa e, desta all’improvviso
                                    squillo, sussulta;

e quando taci, e par che tutto dorma
30 nel cipresseto, trema ancora il nido
d’ogni vivente: ancor, nell’aria, l’orma
                                    c’è del tuo grido.

2. guglie: corpi di forma piramidale e allungata.
4. ombra: ombra della civetta
5. orma: impronta, segno, presenza; si riferisce all’ombra che la civetta in volo lascia sul sottobosco, come fosse un’impronta.
6. soffio: è il suono della corrente d’aria che l’uccello genera in volo.
9. lido: striscia pianeggiante di terra; per estensione, regione, luogo, terra in generale.
16. fattucchiera: strega.
18. sommesso: suono lieve, appena percepibile.


Analisi

Autore: Giovanni Pascoli
Raccolta: Myricae
Sezione: Creature
Numero: VI
Data: 1890
Metrica: otto strofe saffiche

Parafrasi

I-III strofa. Gli erti cipressi, guglie nere come il basalto, stavano al lume della luna, quando tra le loro ombre volò rapida un’ombra: orma sognata di un volar di piume, orma di un soffio molle come il velluto, che passò tra le ombre (dei cipressi) e scivolò nel lume pallido e silenzioso della luna: e i cipressi stavano sul terreno deserto come un colonnato nero, rigidi, ognuno con un nido addormentato tra i rami.

IV-V strofa. E sopra tanta vita addormentata dentro i cipressi, in mezzo alla brughiera ecco risuonare una risata stridula di una strega: una minaccia stridula, forse, seguita dal palpitar di tutta quella vita dentro i cipressi e da brevi pigolii sommessi.

VI-VIII strofa. Morte, che passi per il cielo profondo, passi con ali molli come il sospiro, con gli occhi aperti sopra il triste mondo addormentato; Morte, lo squillo acuto del tuo riso smuove l’ombra che ci occulta silenziosa, lo squillo improvviso risveglia e fa sussultare; e quando taci, e pare che tutto dorma nel cipresseto, trema ancora il nido di ogni vivente: c’è ancora nell’aria l’orma del tuo verso.

Figure retoriche

Personificazione: Morte (v 21, 25)
Antitesi: neri-lume (v 1), ombre-lume (v 7)
Ipallagi: soffio molle (v 6) molle si riferisce alle ali morbide (v 22)
Sinestesie: soffio molle (6 ), pallido e muto (v 8), ombra che ci occulta silenziosa (v 26, 27), orma-grido (v 31, 32)
Anafore: Morte (v 21, 25), addormentato (v 12, 13), squillo (v 25, 28)
Similitudini: cipressi […] come un nero colonnato (v 10), ali molli come fiato (v 22)
Metafore: cipressi-guglie di basalto (v 2)

Analisi e commento

Il componimento chiude la sezione Creature in cui il tema dominante è quello della morte. La poesia si fonda tutta sull’analogia/personificazione civetta-morte. Questo binomio può sembrare inusuale ai nostri tempi, ma non era così al tempo di Pascoli: già nella civiltà egizia – e poi nel Medioevo – la civetta, detta anche nottola, era considerata presagio di morte e un segno della presenza di streghe; da qui anche il termine fattucchiera al verso 16.

Alla figura della civetta si accosta anche quella del cipresso: nella cultura classica tale albero significava proprio morte e lutto. Pascoli usa la simbologia del cipresso anche nelle poesie Nel cuore umano e Fides.
Anche il termine nido fa parte della poetica pascoliana: è simbolo della vita ed esprime il concetto di casa, famiglia e luogo sicuro.

Il componimento si divide in tre parti a cui corrispondo tre scene:
1. Strofe I-III: sono soprattutto descrittive e presentano un paesaggio oscuro. I cipressi si stagliano neri davanti a un cielo notturno, tenuamente illuminato dalla luna, la cui luce è pallida. Il terreno su cui gli alberi si ergono è deserto, privo di vita, poiché tutti gli animali si stanno riposando, tranne uno: la civetta.

2. Strofe IV-V: il riso stridulo del rapace notturno sveglia i nidi nascosti dentro i cipressi e, forse, se il lettore non è rimasto troppo turbato dal verso della civetta, potrà sentire i tenui pigolii dei pulcini.

3. Strofe VI-VIII: la civetta personifica la morte, il suo verso è il presagio di essa e il soffio generato dalle ali è il suo sospiro. In questa scena il grido della nottola si fa universale e si rivolge a tutti gli uomini, al triste mondo addormentato. Gli uomini, volenti o nolenti, consapevoli o addormentati, sono sempre silenziosamente coperti dall’ombra della morte. La nottola – ovvero la Morte – ogni tanto si leva in volo e, con il suo grido, desta e fa sussultare gli uomini dal sogno della vita, ricordando loro l’inesorabilità della morte.

Verso della civetta (Athene cunicularia)
Vanitas (Putto con teschio, specchio e civetta), Guercino
1640 circa, Galleria dell’Accademia Tadini

Nel cuore umano

Non ammirare, se in un cuor non basso,
cui tu rivolga a prova, un pungiglione
senti improvviso: c’è sott’ogni sasso
                                   lo scorpione.

5 Non ammirare, se in un cuor concesso
al male, senti a quando a quando un grido
buono, un palpito santo: ogni cipresso.
                                   porta il suo nido.


Analisi

Autore: Giovanni Pascoli
Raccolta: Myricae
Sezione: Pensieri
Numero: X
Data: fine ‘800
Metrica: strofe saffiche

Parafrasi

Non ti sorprendere, se in un cuore non vile, che tu sottoponi a prova, senti all’improvviso un pungiglione: sotto ogni sasso c’è uno scorpione.
Non ti sorprendere, se in un cuore consesso al male, senti di tanto in tanto un grido buono, un battito santo: ogni cipresso porta il suo nido.

Analisi metrica e sintattica

Il componimento presenta una evidente e ben costruita simmetria

v.1       Non ammirare – cuore nobile/vile
v.2-3    contrasto – inizio analogia
v.4                               fine analogia.

La poesia chiude la sezione dei Pensieri, caratterizzata da componimenti molto brevi e scritti in strofe saffiche.

Commento

Strada con cipresso e stella, V. van Gogh (1890)

L’arguzia del Pascoli è data dalla sua capacità di saper leggere l’animo umano, capacità caratteristica degli animi sensibili, e di rappresentarla con analogie distintive.

Non bisogna sorprendersi, dice Pascoli, se in un animo nobile si trovano sprazzi di malvagità e, ugualmente, se da un cuore dedito al male si sentano dei battiti (palpito) santi. Da notare il termine cipresso che Pascoli usa, e non a caso: da buon intenditore della cultura classica conosce le origini e la simbologia dell’albero. Esso, infatti, con un fogliame omogeneo e di un colore verde scuro rappresenta proprio l’oscurità in cui annega l’animo concesso al male. Un ulteriore significato è quello di lutto e morte fisica; nel componimento la morte dell’uomo maligno va ad essere quella spirituale . Tuttavia, l’animo umano è complesso e ricco di sfaccettature, spesso volubile e incontrollabile, talvolta risulta incomprensibile allo stesso individuo; in tal contesto anche l’animo più ignobile può mostrare a tratti una bontà nascosta.

© 2020-2024 ilbiancospino

Ultimo dono

Perché m’apersi il dì in cui il cuor mi persi
l’uscio bianco e lieve della tua culla?
Giunsi solo per viver dì diversi,
invece incontrai te, amabil fanciulla.
5 Era estate e solei legger le carte
all’ombra della stanza tua nascosta.
Dimenticar non posso ché fu sorte:
la pria favella fu il mio appello posta.

Andai a voltare il grano e tu con me
10 fra gli odorosi campi e il dolce vento,
chissà che pensier soavi tra sé e sé
facevan l’augelli intondando il canto
che allora ben intender non potemmo.
Che occhi celesti e maniera complita
15 vidi quei mesi e un dì ci salutammo;
volsi e scorsi l’amor della mia vita.

Vivemmo insieme dì d’eterno sogno,
stesi vicin, l’un l’altro l’occhi intesi,
mi parea di mirar cerulei segni
20 del ciel, che mai volei fossero offesi.
E che lunghe storie ci raccontammo
e qual risi e desii per il futuro,
qual tenere lusinghe ci scambiammo:
te dolce e quieta, me bello e maturo.

25 Mai dimenticherò il tuo porger l’acque
quando le membra mie vivean l’impresa,
l’aere, l’intorno e il mondo intero tacque
non appena capì la dolce intesa.
Lì ci guardammo forte e s’arse il core
30 e a te le gote dell’albo tuo viso,
che fil di fuoco di legava, che ardore!
Mai volei da te ch’ïo fia diviso.

Mai dimenticherò il tramonto passato
a renderti immortale in foto e mente,
35 e le notti trascorse in grembo stellato
con gerbere rosa in chioma e ridente.
Mai dimenticherò l’ore in preghiera
mossi da Chi ci mirava dall’alto…
e concesse di viver quella sera
40 che l’uno dolcemente legò all’altro.

Giunse inatteso il dì pien di rugiada,
quando porsi il saluto a me e alla culla
andando via per l’arida strada
su cui non più tornasti da fanciulla.
45 Passarono l’anni, ma non l’ardore
e la speranza di vederti ancora,
di trascorrer nuovamente ore ed ore
tra sguardi, notti e i racconti d’allora.

Non furon albe senza il tuo pensiero
50 o calò sui desii l’oscurità
per te d’uomo matur, bel e sincero
e d’una vita di felicità.
Non mancaron i sogni ad occhi aperti
eppur venir meno le certezze,
55 ma non l’ardente voglia di vederti,
accarezzarti e darti sicurezze.

Lacrimata poesia ora vola da lei
e dille tutto ciò che t’ho scritto
che dir non mi concesse e non potei
60 ché fui dal fato o dall’error trafitto.
Pregala bassa e piangente perdono
e chiedile di non dimenticare,
infin porgiti tu in ultimo dono
e dille: mai più avrò forza d’amare.

A colei che porta il nome della
Cara terra rimpianta e natìa.

2. lieve: leggero, perché fabbricato con un legno poco denso.
5. solei: arc. solevi.
7. ché: lett. perché.
8. la […] posta: parafrasando: la prima parola che mi fu posta fu il mio nome.
12. augelli: uccelli.
14. complita: arc. cortese, gentile.
16. volsi: mi voltai a guardare indietro.
32. fia: fossi.

© 2020-2024 ilbiancospino

Calendula

Calendula officinalis

Specie: Calendula officinalis
Origine: area mediterranea
Distribuzione: tutto il mondo
Fioritura: estate
Significato: dolore e tristezza

Descrizione

Il genere Calendula comprende solo una ventina di specie. L’altezza della pianta varia da 5 a 50 cm, le foglie sono alternate sul fusto e le inflorescenze sono dette capolini: quelli che sembrano i petali in realtà sono piccole inflorescenze (fiori ligulari), così come quelle presenti al centro del capolino (fiori tubulari); tutti questi piccoli fiori sono detti flosculi e le diverse forme e la loro distribuzione molto fitta fanno apparire inflorescenza come unica (pseudodanzio).

I fiori sono nictinastici, cioè si aprono al mattino e si chiudono la sera, e sono conosciuti per causare, a chi ne soffre, effetti allergici.

Storia e usi

Il termine calendula deriva dal latino calendae, termine con cui veniva indicato il primo giorno del mese, in riferimento al fatto che la pianta fiorisce una volta al mese durante l’estate.
lnvece, il termine inglese per calendula, pot marigold, deriva dal tedesco pott, pentola, e marigold, il nome della calendula, poiché il fiore era usato come ingrediente in alcune zuppe tedesche. Il termine marigold significherebbe «Maria dorata», in riferimento a Maria di Nazareth.

I petali sono edibili e possono essere usati freschi in insalate, oppure secchi negli infusi, per sostituire lo zafferano nelle ricette o per dare un colore giallo intenso ai formaggi.
Dal fiore si possono estrarre diversi coloranti a seconda del solvente di estrazione. I colori della tintura variano dal giallo al marrone.

Gli estratti di calendula sono usati in creme e prodotti cosmetici per le sue proprietà antiinfiammatorie e antisettiche; moderni studi hanno mostrato anche proprietà antitumorali e antivirali. Tuttavia, tali studi sono stati effettuati in vitro e le evidenze degli effetti sugli umani sono ancora deboli (vedi sezione per approfondire).

Simbologia e significato

Il significato del fiore è dolore, tristezza, pena d’amore ed è legato alla vicenda mitologica di Afrodite e Adone, come gli altri fiori della Rosa e dell’Anemone.

La dea dell’amore Afrodite, moglie del dio Marte, si innamorò di Adone, un giovane e mortale cacciatore. Marte, infuriato, scagliò un cinghiale contro Adone con l’intento di ferirlo a morte. Afrodite accorse da lui per salvarlo, lo nascose in una cassa e lo affidò alla dea degli inferi, Proserpina, con la raccomandazione di non aprirla. Lei trasgredì e, meravigliata della bellezza del giovane, ne rimase invaghita. Quando Artemide le chiese indietro Adone, Proserpina si rifiutò e la dea dell’amore chiese il giudizio e l’intervento di Zeus: egli comandò ad Adone di trascorrere una terza parte di ogni anno con Artemide, un’altra terza parte con Proserpina e l’ultima parte con una delle due, a scelta. Quando arrivò il momento per Adone di lasciare Artemide e scendere negli inferi, la dea pianse con dolore e dalle sue lacrime si generò la pianta della calendula.

In Messico le calendole sono associate alla morte, poiché vennero introdotte nel continente americano dai conquistadores spagnoli responsabili del genocidio degli indigeni.

Per approfondire
– Biology of Calendula officinalis Linn.: Focus on Pharmacology, Biological Activities and Agronomic Practices – 2012 (pdf)
– Phytochemical Constituents and Pharmacological Activities of Calendula officinalis Linn (Asteraceae): A Review – 2009 (linkpdf)
– Anti-Inflammatory, Anti-Tumor-Promoting, and Cytotoxic Activities of Constituents of Marigold (Calendula officinalis) Flowers – 2006 (link)
– Structure and In Vitro Antiviral Activity of Sesquiterpene Glycosides from Calendula arvensis – 1990 (link)
– Calendula (Calendula officinalis) – 1990 (pdf)

Venere

Venere sibilla d’alto Fattore,
i raggi tuoi lieti e l’albo splendore
riverberano il cielo mattutino.
Mai ti vidi e saprò se fu destino
5 a permetter il mio tardo torpore…
Solo sognai gli sguardi tuoi d’amore,
viaggiar insieme per sempre vicino
cogliendo dolci i cari fior di lino.

Tu sai che m’è grave attender la sera,
10 Giungi tosto o che almeno sia leggera.

© 2020-2024 ilbiancospino

Il passato

Rivedo i luoghi dove un giorno ho pianto:
un sorriso mi sembra ora quel pianto.
Rivedo i luoghi, dove ho già sorriso…
Oh! come lacrimoso quel sorriso!


Autore: Giovanni Pascoli
Raccolta: Myricae
Sezione: Pensieri
Numero: VIII
Data: circa 1890
Metrica: quartina a rime ripetute

Commento

È una poesia semplice, una umile tamerice direbbe l’autore, non ha figure retoriche, né termini aulici o poetici, ma racchiude in sé uno dei sentimenti propri dell’essere umano: il sentimento del tempo. Il passato sofferto rivive nella mente dell’individuo e ispira gioia, perché in quel dolore l’uomo vede la causa del suo essere, la ragione delle sue tempra. Il passato gioioso e spensierato, invece, induce a lacrimar di malinconia e nostalgia.

Pianto

Più bello il fiore cui la pioggia estiva
lascia una stilla dove il sol si frange;
più bello il bacio che d’un raggio avviva
                                   occhio che piange.


Autore: Giovanni Pascoli
Raccolta: Myricae
Sezione: Pensieri
Numero: VI
Data: 1889
Metrica: strofa saffica

Commento

Larmes d’or (Lacrime d’oro),
di Anne.Marie Zilberman

La quartina faceva parte di una poesia dedicata con una lettera a Ida, sorella di Pascoli e si può parafrasare come segue.

Come un fiore è reso più bello dalle gocce che la pioggia estiva lascia su di lui e sulle quali i raggi di sole si infrangono; così un bacio è reso più bello e l’amore è ravvivato dalle lacrime di un occhio che piange.

Cuore e Cielo

Nel cuor dove ogni vision s’immilla,
e spazio al cielo ed alla terra avanza,
talor si spenge un desiderio, e brilla
                                   una speranza:

5 come nel cielo, oceano profondo,
dove ascendendo il pensier nostro annega,
tramonta un’Alfa, e pullula dal fondo
                                   cupo un’Omega.

1. s’immilla: si moltiplica a migliaia.
7. Alfa: prima lettera dell’alfabeto greco, ha il significato di inizio, origine, nascita, arché; in ambito astronomico è la stella più luminosa di una costellazione.
7. pullula: venir fuori, spuntare e diffondersi in gran quantità.
8. Omega: ultima lettera dell’alfabeto greco, ha il significato di termine, completamento, morte; in ambito astronomico indica la stella meno luminosa di una costellazione.


Analisi

Autore: Giovanni Pascoli
Raccolta: Myricae
Sezione: Pensieri
Numero: IV
Data: circa 1890
Metrica: strofe saffiche

Parafrasi

Nel cuore, dove si moltiplicano i sogni e avanza dello spazio al cielo e alla terra, talora si spegne un desiderio e brilla una speranza: come nel cielo, oceano profondo, dove il nostro pensiero si perde ascendendo, tramonta un’Alfa e appare dal fondo oscuro un’Omega.

Temi

Caduta e nascita delle illusioni
Tensione umana verso l’infinito

Analisi metrica e sintattica

Il metro è quello delle strofe saffiche: tre endecasillabi e un quinario a rima alternata. La poesia è formata da un unico periodo e le due strofe sono separate dalla pausa forte dei due punti. Le strofe presentano nei primi due versi il parallelismo tra cuore, spazio interno, e cielo, spazio esterno, e negli ultimi due versi si ha la fusione dei due ambienti.

— interno (cuore, visione) —
— esterno (cielo. Terra) —
— fusione (desiderio spento, speranza brillante) —

— esterno (cielo, oceano) —
— interno (pensiero) —
— fusione (tramonto del desiderio, nascita della speranza) —

Figure retoriche

Parallelismo: eventi dell’animo – eventi astronomici
Metafore: spegne un desiderio, brilla una speranza (vv 3,4), pensiero che annega (v 6)
Similitudine: come […] (v 5)
Personificazione: Alfa, Omega (vv 7, 8)

Commento

La poesia fa parte della sezione Pensieri di Myricae, caratterizzata da componimenti molto brevi nello schema metrico delle strofe saffiche. È una bella poesia, ricca di significati e spunti.

Il pensiero di Pascoli si sofferma su due ambienti: il cuore e il Cielo. Questi sono trattati sia in parallelismo/similitudine, sia come eventi distinti.
Il cuore è la casa dei sogni, è il luogo dove le fantasie si moltiplicano, dove nascono i desideri e si alimentano le speranze. Queste ultime non sono altro che illusioni, che nascono e cadono, dice Pascoli, in modo simile alle stelle del cielo: talune affiorano dall’orizzonte e altre, nel frattempo, tramontano. È da notare come gli astri, i desideri, compaiono dallo sfondo oscuro della notte già come Omega, come se quei desideri e quelle speranze siano destinate, a priori, ad essere illuse. La tematica speranze-illusioni è stata già sviluppata dall’autore in Speranze e memorie.

Un’altra tematica fa da consolatrice: è quella della ricerca del Cielo, dell’Infinito, del rapporto tra microcosmo e macrocosmo. Nonostante le esperienze del cuore, nell’animo del poeta/uomo avanza dello spazio per il mondo esterno. Lo spirito dell’uomo si eleva a pensieri divini, al Cielo, ascendendo, dice l’autore, e in tale infinità la mente umana non può far altro che perdersi e annegare. È il topos letterario immortale del Trascendente.

Notte stellata, Van Gogh (1889)

© 2020-2024 ilbiancospino